Monday, April 4, 2011

Danny l'Eletto - Chaim Potok

"Danny l'Eletto", Chaim Potok, 1967


Questo libro mi è stato regalato dal mio prozio, che è un prete, e generalmente questo significa che i romanzi che mi regala sono sempre troppo pesanti perchè io possa arrivare a pagine 20.

Ho iniziato a leggerlo per potergli dire almeno qualcosa quando mi avrebbe chiesto se l'avessi letto, e l'ho finito in un paio di giorni.
E' immediatamente entrato nella mia classifica di romanzi preferiti, principalmente perchè è la più bella storia d'amicizia che abbia letto, e riesce a trasportarti immediatamente nella Brooklyn dei primissimi anni cinquanta, a farti respirare e vedere quei colori autunnali ed estivi.


La storia inizia quando la squadra di baseball di Reuven Malter, figlio di un professore di talmud (il libro sacro degli ebrei), si trova a dover sfidare la squadra di Daniel 'Danny' Saunders, figlio del rabbino Saunders, noto esponente del chassidismo, la branca più ortodossa e rigorosa dell'ebraismo.
Tra i due è subito rivalità accesa, che culmina con la palla da baseball ribattuta da Danny che colpisce Reuven all'occhio, spedendolo all'ospedale.
Danny va a trovarlo e dopo un'accesa discussione, data anche dall'idea che Reuven ha dei chassid, che ritiene fanatici e fissati, i due si ritrovano amici, perchè, come dice il padre di Reuven, che segretamente conosceva già Danny (lo aiutava a scegliere i libri quando il ragazzo sgattaiolava in biblioteca perchè affamato di letture diverse da quelle religiose), il ragazzo lo ha "scelto" come suo amico, e "Le persone non sono sempre quello che sembrano.. è così che va il mondo"
Reuven capisce pian piano di essere l'unica persona su cui Danny può contare. Il figlio del rabbino Saunders, infatti, ha un conflittuale rapporto con suo padre, che non gli parla da diversi anni, se non quando studiano il talmud per preparare Danny ad essere un suo degno successore nella carica religiosa, senza nessuna spiegazione.
Inoltre, Danny ha un'intelligenza fuori dal comune, e possiede una memoria fotografica formidabile, che gli rende difficile 'chiudere' la propria mente alle sole letture religiose. Danny è infatti appassionato di psicologia, che studia di nascosto dal padre, concentrandosi su Freud.
Infine, gli è sempre stato proibito stringere amicizie con persone non chassid, quindi che non portano le frange e i riccioli di rito, che non mangiano il cibo kosher, e non rispettano tutte le altre regole.
Da quel giorno in cui la palla di Danny colpisce Reuven all'occhio, ha inizio un rapporto di amicizia e fiducia profonda, che va oltre le loro differenze, segnata dalla fine della seconda guerra mondiale, dei pomeriggio passati a discutere il talmud con il rabbino Saunders, dagli ostacoli imposti da quest'ultimo alla loro frequentazione quando il padre di Reuven diventa un sionista, cioè sostenitore del nuovo stato d'Israele.
Parte importante della trama sono le difficoltà di rapporto tra padri e figli, l'amicizia profonda che può legare due persone, le differenze culturali tra ebrei in un'America appena uscita dal conflitto mondiale.

A mio parere, il vero protagonista del libro, oltre ad esserne il narratore, è Reuven. Reuven cresce grazie alla sua amicizia con Danny, un rapporto che lo tempra, lo rende paziente, lo fa soffrire con l'amico e per l'amico, e spesso arrabbiare per quella che lui ritiene la 'cecità' del rabbino Saunderds. Ha tanti difetti, è caparbio, a volte svogliato e polemico, ma è sveglio, e soprattutto, senza neanche rendersene conto si affeziona moltissimo al figlio del rabbino Saunders.
Danny, da parte sua, è un personaggio splendido: taciturno, intelligentissimo, e quando inizia finalmente ad avere un amico sembra risvegliarsi, e inizia a muovere i primi passi nel regno dei rapporti umani spontanei. (Ricordo di aver provato un moto di tenerezza per lui quando decide di presentare Reuven a suo padre, e per superare la folla accalcata all'ingresso della sinagoga e lo afferra per un polso per trascinarlo, come farebbe un bambino). Educato rigidissimamente, si strugge perchè non può seguire la propria vocazione di psicologo, si strugge perchè suo padre non gli parla e lui non sa perchè.
Profonde e determinanti sono le figure dei padri, il professor Malter e il rabbino Saunders, due uomini che non potrebbero essere più diversi, che guardano all'amicizia dei loro figli, il primo guidandoli, donando al figlio preziosi consigli ["Lo spazio di una vita è nulla. ma l'uomo che la vive, lui è qualcosa. Lui può riempire quello spazio di significato, così che la sua qualità è incommensurabile anche se la sua quantità può essere insignificante"], il secondo, relegato nel silenzio col figlio, sommerso dai fedeli che si rivolgono a lui,  con segreta felicità nel sapere che suo figlio non è più da solo nel suo silenzio:
"Credi che sia facile essere amico di qualcuno? Se sarai davvero suo amico, scoprirai il contrario".

Impressionante è la sofferenza di Danny, che deve imparare ad "ascoltare" il silenzio in cui suo padre lo ha relegato ["Le parole sono crudeli, nascondono il cuore. Il cuore che parla per tramite del silenzio"], portare sulle proprie spalle il peso della carica che non vuole ereditare, la sua passione per la psicologia che gli porta mille domande e conflitti sulla propria religione. Il ragazzo cresce durante il libro, fino a diventare un giovane uomo e a capire finalmente il silenzio
"Si può ascoltare il silenzio...e imparare da lui. Ha una qualità e una dimensione tutta sua. A volte mi parla, posso sentirmi vivo dentro il silenzio. Parla. E io posso sentirlo." Dice a Reuven e al professor Malter nel finale del libro.


Un libro commovente, malinconico, drammatico e sincero, che pone domande serie e sa coinvolgere ed emozionare il lettore, trasportandolo in un altro tempo e rendendolo parte della vita dei protagonisti.
LO consiglio caldamente!!
Fran

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