"Qualcuno con cui correre", David Grossman, 2000.
La prima volta che ho messo le mani su questo libro è stato per caso, mia madre lo aveva comprato per sè e io avevo bisogno di qualcosa da leggere per distrarmi dall'imminente esame di maturità.
Sin dalle prime pagine il romanzo mi ha incuriosita ad andare avanti, specialmente per la spontaneità del suo protagonista maschile, Assaf, un ragazzo di sedici anni che, rimasto solo per qualche settimana nella sua città, Gerusalemme, a causa di un viaggio negli Stati Uniti del resto della sua famiglia, è stato assunto da un amico di famiglia a fare qualche lavoretto per il municipio. Il racconto si apre con Assaf che corre dietro ad un cane, dopo che il suo capo gli ha assegnato il compito di ritrovarne il proprietario.
E così inizia la sua corsa verso Tamar, protagonista femminile del libro. I due ragazzi non si incontrano mai se non nelle ultime pagine, e le loro storie scorrono parallele, quella di Assaf nel presente e quella di Tamar in un flashback arretrato di qualche settimana.
Ho trovato splendido il modo in cui Grossman fa conoscere Tamar ad Assaf prima ancora che lui la conosca veramente, tramite tutte le persone a cui Dinka (il cane di Tamar) lo conduce: la vecchia monaca di clausura, il ragazzo cieco, Leah, sono solo alcuni degli splendidi personaggi minori tracciati da Grossman, che conducono pian piano Assaf a scoprire il coraggio di Tamar, che si è unita ad un circolo di artisti di strada patrocinati dal volgare e violento Pesach per salvare suo fratello maggiore, Shay, un chitarrista tossico dipendente.
Assaf riuscirà ad aiutare Tamar a concludere la sua missione, nonostante il lieto fine non sia, fortunatamente, edulcorato e totalmente felice per ogni personaggio.
La cosa che mi ha colpita di più di tutto il romanzo è la figura di Assaf. Sento spesso parlare di Tamar come l'eroina del libro, ma per me l'eroe è Assaf. Credo che la sua crescita sia molto più significativa di quella della ragazza, il suo coraggio nel seguire qualcuno che non conosce ancora, ma che capisce che gli corrisponde è commovente, così come la sua goffa e timida risolutezza nel prendere le proprie decisioni, nella convinzione che Tamar sia dalla parte del giusto nonostante tutte le prove che lo conducono a lei siano svianti.
Tamar, dal canto suo, compie un sacrificio enorme per suo fratello, ma io credo che sia motivata anche dalla propria volontà di staccarsi dal perbenismo della sua famiglia e dei suoi vecchi amici, come testimoniano i suoi diari ritrovati e letti da Assaf:
"I. e A. ridono sempre di ogni cosa. C'è in loro una spensieratezza che a lei manca. Una volta anche lei era così. quasi sicura di esserlo stata, da piccola. E anche I. e A. non sono sempre stati così allegri. Però è come se sapessero interpretare il ruolo degli "allegri". Forse per loro è davvero diverso, perché non hanno quello che ha lei. Oggi i pensieri sono particolarmente tetri. Topi dappertutto. Cos'è successo? Niente."
Tamar non può sopportare l'allegria vana dei suoi amici, senza una vera radice, senza un significato importante per il suo destino, allo stesso modo in cui Assaf capisce che il suo ex migliore amico non riesce più a comprendere i suoi bisogni di certezza, di felicità vera, ma si accontenta di divertimenti passeggeri che lasciano Assaf con una sensazione di vuoto.Sin dalle prime pagine il romanzo mi ha incuriosita ad andare avanti, specialmente per la spontaneità del suo protagonista maschile, Assaf, un ragazzo di sedici anni che, rimasto solo per qualche settimana nella sua città, Gerusalemme, a causa di un viaggio negli Stati Uniti del resto della sua famiglia, è stato assunto da un amico di famiglia a fare qualche lavoretto per il municipio. Il racconto si apre con Assaf che corre dietro ad un cane, dopo che il suo capo gli ha assegnato il compito di ritrovarne il proprietario.
E così inizia la sua corsa verso Tamar, protagonista femminile del libro. I due ragazzi non si incontrano mai se non nelle ultime pagine, e le loro storie scorrono parallele, quella di Assaf nel presente e quella di Tamar in un flashback arretrato di qualche settimana.
Ho trovato splendido il modo in cui Grossman fa conoscere Tamar ad Assaf prima ancora che lui la conosca veramente, tramite tutte le persone a cui Dinka (il cane di Tamar) lo conduce: la vecchia monaca di clausura, il ragazzo cieco, Leah, sono solo alcuni degli splendidi personaggi minori tracciati da Grossman, che conducono pian piano Assaf a scoprire il coraggio di Tamar, che si è unita ad un circolo di artisti di strada patrocinati dal volgare e violento Pesach per salvare suo fratello maggiore, Shay, un chitarrista tossico dipendente.
Assaf riuscirà ad aiutare Tamar a concludere la sua missione, nonostante il lieto fine non sia, fortunatamente, edulcorato e totalmente felice per ogni personaggio.
La cosa che mi ha colpita di più di tutto il romanzo è la figura di Assaf. Sento spesso parlare di Tamar come l'eroina del libro, ma per me l'eroe è Assaf. Credo che la sua crescita sia molto più significativa di quella della ragazza, il suo coraggio nel seguire qualcuno che non conosce ancora, ma che capisce che gli corrisponde è commovente, così come la sua goffa e timida risolutezza nel prendere le proprie decisioni, nella convinzione che Tamar sia dalla parte del giusto nonostante tutte le prove che lo conducono a lei siano svianti.
Tamar, dal canto suo, compie un sacrificio enorme per suo fratello, ma io credo che sia motivata anche dalla propria volontà di staccarsi dal perbenismo della sua famiglia e dei suoi vecchi amici, come testimoniano i suoi diari ritrovati e letti da Assaf:
"I. e A. ridono sempre di ogni cosa. C'è in loro una spensieratezza che a lei manca. Una volta anche lei era così. quasi sicura di esserlo stata, da piccola. E anche I. e A. non sono sempre stati così allegri. Però è come se sapessero interpretare il ruolo degli "allegri". Forse per loro è davvero diverso, perché non hanno quello che ha lei. Oggi i pensieri sono particolarmente tetri. Topi dappertutto. Cos'è successo? Niente."
"Per tutti quegli anni, in fondo, era stato piuttosto solo. C'erano sempre stati Roy e gli altri, avevano fatto cose insieme, erano andati alle feste, avevano riso delle barzellette e giocato a pallacanestro per ore. Erano usciti il venerdì sera, rimanendo seduti a lungo in bar pieni
di fumo, soffocanti Ma cosa avevano fatto veramente in quelle decine di serate interminabili? [...] Pensò che non aveva quasi mai parlato con Roy della sua passione
per la fotografia. L'amico sapeva che da tre anni era membro di un circolo e ogni due settimane, di sabato, andava in gita nel deserto della Giudea, nel Negev o in Galilea per scattare fotografie. Tuttavia non gli aveva mai chiesto niente di quell'hobby, non se ne
era mai interessato e non era mai andato alle mostre [...]. Ed era strano che anche lui non gli avesse mai raccontato, per esempio, del piacere che provava nello scattare una bella foto. Nell'aspettare tre o quattro ore in un campo di grano finché l'ombra cadeva come lui voleva su una vecchia pensilina d'autobus. Chissà perché quelle cose non avevano mai trovato spazio nelle loro conversazioni."
Vediamo poi esempi della vera amicizia, quella di Tamar con Leah, e di Assaf con Karnaf, l'ex fidanzato di sua sorella, due persone che li prendono sul serio, ascoltano i loro desideri, supportano le loro scelte e si preoccupano del loro destino.
La mia citazione preferita del libro è indubbiamente il discorso che Leah fa a Tamar sul tipo di ragazzo di cui avrebbe bisogno.
"Ma che bisogno hai di uno come te, dimmi? Cos'è questa scemenza dell'"anima gemella"? Dovrebbe essere proprio il contrario. Tu, ascolta, tu... Lo sai di cos'hai bisogno?"
La mia citazione preferita del libro è indubbiamente il discorso che Leah fa a Tamar sul tipo di ragazzo di cui avrebbe bisogno.
"Ma che bisogno hai di uno come te, dimmi? Cos'è questa scemenza dell'"anima gemella"? Dovrebbe essere proprio il contrario. Tu, ascolta, tu... Lo sai di cos'hai bisogno?"
"Di cosa?" Tamar non riuscì a trattenere un sorriso a quel ricordo e si copri la testa con il plaid, perché Shelly non vedesse.
"Hai bisogno di uno con una mano grande così" aveva sentenziato Leah, "e sai perché?"
"Perché?" Ora sarebbe arrivata la spiegazione.
"Uno che se ne sta con la mano alzata, forte, ferma, come la statua della Libertà ma senza quel cono gelato. Solo con la mano aperta, in alto, e allora tu..." Leah sollevò la sua mano squadrata, ruvida, con le unghie rosicchiate e la agitò, come fosse un uccellino in volo,
"...tu, da lontano, da qualsiasi punto della terra, vedrai quella mano e saprai che lì potrai posarti e riposare."
E così Tamar trova Assaf, che resta con lei nella grotta che la ragazza ha trovato come nascondiglio per far disintossicare Shay. Resta con lei e insieme passano giorni ad aiutarsi, parlarsi, confidarsi o semplicemente scambiarsi occhiate piene di significato.
Possono riporre i loro sogni l'uno nel cuore dell'altra, finalmente consapevoli di stare accanto guardando nella stessa direzione.
Possono riporre i loro sogni l'uno nel cuore dell'altra, finalmente consapevoli di stare accanto guardando nella stessa direzione.
"La terza risposta è che quando non ho una buona risposta a domande come queste vado in un campo vicino a casa mia dove c'è una piccola discarica piena di rottami e migliaia di bottiglie di vetro. Metto una bottiglia su un sasso e le tiro delle pietre. Vado avanti così
per un'ora o due, rompo venti, trenta bottiglie. Mi aiuta. Mi sgombera la mente." Rise. "A ogni bottiglia do un nome, non solo nomi di persone, anche di pensieri, di..." Assaf esitò un momento, "di quelli che tu chiami "topi"...". Tamar gli lanciò uno sguardo penetrante, sofferto, di rimprovero, ma subito venne pervasa da un piacevole stupore (abbiamo un segreto, pensò, un segreto comune. Leah aveva detto che succede alle coppie vere... ) "E io li mando in frantumi, uno dopo l'altro, così mi calmo fino alla volta successiva." Ridacchiò con imbarazzo. "un rimedio da pappemolli." "Non sei un pappamolle" ribatté Tamar, forse con troppa precipitazione. "Mi porterai una volta in quel posto? Romperei volentieri anch'io qualche bottiglia."
In conclusione, un libro che parla di amicizia vera, di destino, di come può essere difficile a volte prendersi sul serio senza sentirsi giudicati in un mondo in cui il divertimento facile e momentaneo sembra l'unica soluzione, pieno di personaggi veri e sentiti, personaggi con una storia alle spalle e un futuro davanti.
Lo stra-consiglio a tutti!
Fran
Lo stra-consiglio a tutti!
Fran
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